mercoledì 30 aprile 2014

Una Nota di Colore: Il Contest di LA is My Dream. Imaginary...


Per il 3° compleanno del suo blog, Patty di LA is My Dream ha organizzato un contest a dir poco stupendo, che trae ispirazione dalla nostra rubrica truccomusicale, e che consiste nel realizzare un make-up ispirato alla nostra canzone preferita, di sempre o del momento.

Purtroppo, per una serie di motivi, mi sono trascinata fino all'ultimo giorno utile: inizialmente ho avuto qualche problema con la scelta della canzone. Sapete quanto ami la musica e quanto mi leghi a determinati gruppi o canzoni in base anche al momento e allo stato d'animo. Poi si è aggiunta la totale mancanza di tempo, che mi ha portato ad aggiornare il blog davvero ma davvero raramente. Alla fine, il colpo di grazia me lo ha dato la pioggia. Vi dico solo che mi sono uscite le branchie nelle ultime settimane.

Ieri sera, rimuginando sulla questione, ho deciso che oggi avrei fatto il trucco, anche con il diluvio universale, anche senza luce, ecc ecc.
E il sole fu...

Per parecchio tempo ho rimuginato su quale canzone scegliere. Pensarne ad una preferita in assoluto è una cosa, per me, improponibile e allora ho cominciato a pensare a quale invece potesse meglio rappresentarmi, in quale, tra le canzoni che ascolto più di frequente, io possa rispecchiarmi.
E la risposta era lì, semplice e chiara.






Ascoltare questa canzone è come stendersi su un campo di fiori di carta, guardare bianche nuvole che cantano ninna nanne, lasciarsi trasportare in un'altra dimensione in equilibrio tra sogno e incubo.
Apice emotivo di Fallen, come vi avevo già raccontato QUI, Imaginary sono io e non ci sono molte parole per spiegare perché. E' una simbiosi che dura da dieci anni, che ho fatta mia attraverso un nickname che ha per me quasi lo stesso valore del mio nome reale.




 Imaginary è circondarsi delle proprie paure, un po' per esorcizzarle ed evadere da esse, un po' per affrontarle e superarle. E' una canzone che mi conforta quando voglio essere confortata e che mi rattrista quando voglio chiudermi un attimo in me stessa pensando a ciò che non va.

Swallowed up in the sound of my screaming
cannot cease for the fear of silent nights
Oh how I long for the deep sleep dreaming
the goddess of IMAGINARY light

Tradurre ciò che questa canzone mi trasmette in make-up è stato semplice, nella mia testa, un po' meno nella realtà. Sapevo che ci dovevano essere alcuni colori precisi, i miei preferiti, e che avrei usato alcuni prodotti precisi, come il paint pot di MAC che si chiama, appunto, Imaginary, e che ho comprato proprio per questo motivo e perché era viola, una coincidenza che non potevo assolutamente ignorare.

Sul viso ho applicato solo il fondotinta ed il correttore sulle occhiaie. Non ho applicato cipria perché non volevo un effetto troppo mat.

Ho definito le sopracciglia con la Brow Eyepencil di Kiko n°02 e poi con il Brow Set di MAC in Show-Off.

Sulle guance ho abbondato con il meraviglioso blush fucsia di H&M, il n°14, Pink Dahlia.

Sulle labbra ho passato prima la Ultra Glossy Lip Pencil di Kiko n°612 e poi il Super Stay 10h Tint Gloss di Maybelline, n°160, Forever Fuchsia.

Per il trucco occhi go usato alcune matite come basi:

- Kajal bianco della Montalto sotto l'arcata sopraccigliare e nell'angolo interno

- Urban Decay 24/7 Glide-On Eye Pencil in Radium, Ransom e Perversion, rispettivamente nell'angolo interno, al centro della palpebra e nella rima interna.

Nell'angolo esterno ho usato Imaginary di MAC







Ho usato diversi ombretti di Kiko della vecchia collezione Chic Chalet, riprendendo i colori delle matite.
Nell'angolo esterno ho utilizzato un ombretto viola scuro di MUA.
Ho aggiunto il fucsia nella piega estendendolo anche sulla tempia.

Per illuminare l'arcata ho usato un po' di Walk Of Shame della palette Naked Basics (che sta per compiere un anno!!!).




Alla fine ho deciso di aggiungere anche un pizzico di pigmento Teal di MAC nella piega ed un po' di Pink Opal nell'angolo interno e diffusamente su tempie e guance.

Finalmente è ritornato da me l'amatissimo Eye Liner di Urban Decay in Perversion che ho utilizzato lungo la rima cigliare inferiore, mentre con quello in gel di Catrice ho disegnato la mia firma.

Tocco finale, un po' di glitter multicolor di essence sparsi qua e là.

No, non ho usato mascara. Perché? Perché sono un'idiota e me ne sono scordata.

E alla fine questo è il risultato:










Grazie a Patty per aver avuto questa idea fantastica. Spero che vi sia piaciuta.

E qual è la canzone che più vi rispecchia? Che colori usereste se doveste rappresentarla?

Alla prossima,


sabato 26 aprile 2014

Trucco del giorno #84: Orange is the new Black

Se c'è un colore che proprio non mi piace e che trovo mi stia malissimo è proprio l'arancione. Sarà caldo, estivo, allegro, vivace, ma a me non piace.
Ogni tanto però, a piccole dosi ed in determinate declinazioni, non lo disprezzo, anzi, soprattutto in combo con altre tonalità che rientrano decisamente nella mia comfort zone, come il blu ed il viola.
Il trucco che vi mostro oggi, infatti, è abbinato ad uno dei miei vestiti preferiti, di color viola/blu, con una fantasia a fiori che tra gli altri ha anche i colori arancio e rosso corallo.
Per realizzarlo ho utilizzato:

 - Fondotinta Revlon Colorstay n°220, Natural Beige
- Correttore FIT ME di Maybelline n°10
- Cipria ELF Mineral Booster
- Elf Eye Brightener per fissare il correttore nella zona del contorno occhi
- Blush Sugarbomb di Benefit
- MAC Brow Set in Show-Off per le sopracciglia


- Essence Colour Arts eye base su tutta la palpebra mobile e fissa
- Kajal Bianco Montalto sotto l'arcata sopraccigliare, sfumato con le dita
- Inglot AMC pure pigment eyeshadow n°81, applicato asciutto su tutta la palpebra mobile
Dalla palette Shady Lady di The Balm ho usato:
- risqué renee (blu opaco) nell'angolo esterno
- shameless shana (caramello scuro lievemente satinato) nella piega dell'occhio
- luscious lani (rosa lievemente satinato) sotto l'arcata sopraccigliare e un po' nell'angolo interno.
- Kiko Smoky Eye Pencil n°04 nella rima interna
- Mascara Le Volume di Chanel

Sulle labbra ho utilizzato:

- Kiko Lip Pencil n°203

- Kiko Luscious Cream-Creamy Lipstick n°508, Arancio, con al centro un tocco di pigmento Inglot usato sugli occhi.






E questo è il risultato finale:




 C'è un colore che non vi piace ma che usate lo stesso?

Buona domenica,






mercoledì 16 aprile 2014

#LUSH Hennè Caffè Caffè: la mia esperienza.

Da quando sono passata ad una routine completamente eco-bio, per quanto riguarda i capelli, mi sono allontanata anche dalle tinte chimiche e l'ultima risale a Settembre scorso. Tornare al mio colore naturale, che non vedevo da anni, è stato strano, ma, in un certo senso, liberatorio. Il solo pensiero di non essere più schiava di ricrescita e ritocchi era fonte di immensa gioia, anche perché io ho sempre fatto tutto in casa e, considerando che i miei capelli sono tanti, spessi e adesso anche molto lunghi, potete immaginare le enoooormi difficoltà che ho a procedere con queste operazioni.
Dopo diversi mesi però, ovviamente, il colore si è sbiadito parecchio, facendo riemergere il rosso sulle lunghezze (ormai mi fanno i complimenti per lo shatush!), oltre ad un bel po' di capelli bianchi, motivo per cui ho cominciato a valutare la possibilità di fare l'hennè.
La mia scelta è caduta su Caffè Caffè di Lush, per diversi motivi, che vi ho già esposto QUI.

In questo post, vi parlerò della mia unica esperienza con questo prodotto e delle impressioni che mi ha lasciato.

(immagine presa dal sito ufficiale)

Per dare carattere ai capelli castani senza sconvolgere la tua tonalità né il tuo fidanzato.
Se i vostri capelli sono color "marroncino smunto" o castano chiaro e non vedono l'ora di avere un po’ di sprint o di nascondere gli invasori bianchi, Caffè Caffè è quello giusto. Il misto di henné nero e rosso tinge ma non sconvolge la tonalità di base, ed è mescolato con caffè macinato per sfruttarne la naturale azione colorante. Dona intensità e luce naturale, e se volete leggerissimi riflessi rossi vi basterà avvolgervi nel celofan durante la posa. Usatelo se avete voglia di qualcosa di diverso ma non sapete ancora bene che cosa

Ingredienti

Acquistiamo i nostri ingredienti da fornitori che non testano sugli animali
     Ingredienti Naturali      Sintetici sicuri
Naturalmente presente negli oli essenziali
Prezzo: €12,50 / 325g


Così è come si presenta il prodotto appena arrivato:




Se dalle foto, potrebbe sembrare una golosa ed enorme tavoletta di cioccolato, vi assicuro che non appena ne sentirete l'odore non solo vi ricrederete completamente, ma vi pentirete anche dell'attimo esatto in cui avete permesso che entrasse nella vostra casa.
C'è chi lo ha definito "erbaceo intenso", io lo definisco "sterco di cavallo unito a fieno umido" e per me è stato praticamente rivoltante, tanto da pensare di non utilizzarlo.
Poi, curiosità e voglia di dare un tono ai capelli hanno avuto la meglio.

Per la preparazione ho eseguito quasi alla lettera le istruzioni che ci sono sul sito:

Un impacco di bellezza ristrutturante per i capelli sempre più morbidi, luminosi e resistenti 
Il nostro henné non contiene sali metallici quindi non temete bizzarre reazioni come con le tinte chimiche, anzi il bello di questa colorazione naturale è che darà risultati sempre diversi a seconda della base di partenza. È sempre consigliabile non utilizzare contenitori ed utensili metallici a meno che non siano di acciaio inox.
PREPARAZIONESbriciolate in una ciotola resistente al calore una  quantità di henné proporzionale alla quantità di capelli da tingere. Una testa media ne richiede 3 quadretti. Aggiungete progressivamente  acqua bollente e mescolate fino ad ottenere la consistenza di una crema un po’ densa.
L’APPLICAZIONECon le mani vestite di guanti di gomma, applicate una generosa quantità di henné sui capelli asciutti. Procedete per settori, andando da dietro in avanti. Coprite prima le radici e poi le punte (vi renderà la vita molto più semplice).
L’ATTESADue ore e mezza sono assolutamente sufficienti per ottenere un colore intenso e caldo. Attenzione: il colore continua ad evolvere fino al giorno successivo.
L’HENNÉ E LA PERMANENTEL’henné può ridurre l’effetto dei prodotti per la permanente. Per cui, se avete voglia di ricci, fateveli fare prima dell’henné


Quindi, mi sono armata di pazienza e ho cominciato.

Per la mia lunghezza ho deciso di utilizzare quattro cubotti su sei, che non ho sbriciolato/grattugiato ma che ho prima scaldato in forno e poi polverizzato con un cucchiaio di legno. 
E già parte la prima imprecazione: la casa sembrerà un'immensa stalla!
Diverse review che ho letto, consigliavano di creare un composto molto liquido, della consistenza di uno yogurt, altrimenti sarebbe stato difficile distribuirlo sulla chioma. Nonostante ciò, per me è stato quasi impossibile e ho dovuto chiedere aiuto. Il pappone verde e nauseabondo continuava a solidificarsi nella coppa e ad indurirsi come cemento sulla testa, rendendo anche dolorosa l'applicazione sulle lunghezze.
Molto tempo, diverse imprecazioni in neozelandese da parte mia per il dolore, da parte di mia madre per lo schifo che avevamo combinato in bagno, e di mio padre per il puzzo di stalla che c'era in casa dopo, finalmente mi sono ritrovata con la testa incellophanata, determinata a farmi almeno tre o quattro ore di impacco. Un'agonia... Era come se mi avessero cosparso la testa di cemento a presa rapida. La sensazione era bruttissima ed il peso quasi insopportabile, tanto che negli ultimi minuti mi sono dovuta stendere. La cosa che mi ripetevo era "il risultato sarà talmente sensazionale che dimenticherò tutto questo!".
Procedere con lo shampoo è stato altrettanto difficile. Eliminare tutte le tracce di sterc... ehm, di hennè, è stata una tragedia. Non penso di aver mai consumato tanta acqua per lavarmi i capelli in vita mia. Ho dovuto fare tre lavaggi in quanto i capelli risultavano decisamente unti e stopposi (teniamo in conto che il burro di cacao è al primo posto. Io infatti avevo letto che si tratta di un prodotto abbastanza corposo).
Insomma, alla fine ce l'ho fatta. 
Da bagnati i capelli non mostravano alcun cambiamento eclatante e, purtroppo, la stessa cosa si è verificata dopo averli asciugati.
Sì, erano più luminosi e sì, i capelli bianchi erano lievemente più dorati (e capirete bene che su un capello scuro la cosa non è che faccia poi tanta differenza), ma per il resto non ho notato nessun cambiamento che avrebbe potuto spingermi a ripetere l'esperienza traumatica.

Vi ripropongo la foto che avevo condiviso su FB, purtroppo non delle migliori:


Ma i problemi non sono finiti qui!

I capelli sono rimasti maleodoranti, per non dire proprio puzzolenti, per diversi giorni. Anche dopo due lavaggi, si sentiva ancora l'aroma di fieno.
Normalmente passano dai 4 ai 5 giorni, anche 6, prima che io rilavi i capelli, in questo caso erano sporchissimi già al secondo e con la cute molto grassa.

Ora, la curiosità di provare l'hennè, quello vero, mi è rimasta, anche se non so se avrò mai il coraggio, considerando che i miei capelli sono ancora più lunghi, ma di certo non rifarò mai più questo di Lush.

 E voi lo avete provato? Come vi ci siete trovate?

Alla prossima,


lunedì 14 aprile 2014

Una Nota di Colore #6: Dark Adrenaline, Lacuna Coil

Musica è arte, musica è vita, musica è colore.

La musica può essere il filo invisibile che lega le persone, che consente loro di scoprire e di scoprirsi.
Può essere confronto, accordo e disaccordo.

La musica è storia ma anche moda, insegnamento e intrattenimento.

"Musica" è la parola chiave di questa nuova collaborazione, che vede, di nuovo, affiancato MikiInThePinkLand a LA is My Dream.



"Una nota di colore" è il nostro modo di raccontarvi qualcosa di noi, un modo per conoscerci e per farci conoscere. Una sorta di "get ready with me" che tanto va in voga su YouTube, con la differenza che il risultato finale è dettato unicamente dalla musica.

In questi dodici appuntamenti mensili, vogliamo fare un viaggio alla scoperta dei nostri album preferiti, raccontarveli, condividere con voi il ruolo che essi hanno o hanno avuto nella nostra vita e, ad ogni album, abbineremo un trucco e vi mostreremo i prodotti utilizzati.

Spero che l'idea vi piaccia come è piaciuta a noi, che la coltiviamo ed elaboriamo da oltre un anno.

Ogni secondo lunedì del mese, quindi, vi aspettiamo qui a cantare e truccarvi con noi!

E' incredibile essere arrivate già a metà del nostro percorso, sembra ieri che io Patty parlavamo eccitate come due bambine della nostra idea, elencando album e cercando di decidere quali includere e quali no. In questo lei è decisamente più brava di me, io le do non poco filo da torcere cambiando continuamente idea.

Il gruppo di cui vi parlo oggi rientra a pieno titolo nella mia comfort zone musicale, di cui i CRIFIU sono praticamente l'unica eccezione.

I Lacuna Coil sono una band italiana, formatasi nel 1994 a Milano, ma che io ho conosciuto molti anni dopo, precisamente nel 2006, ritrovandomi ad ascoltare, assolutamente per caso, Enjoy The Silence, cover della celebre canzone dei Depeche Mode:

Inutile dire che io preferisca di gran lunga questa versione all'originale!

Definire i Lacuna Coil e inquadrare la loro musica, qualora ce ne fosse bisogno, in un genere definito non è facile, per questo vi riporto un pensiero che la vocalist del gruppo ha espresso durante un'intervista:

Il fatto è che la classificazione più semplice è sempre stata gothic metal solo per il fatto che comunque ci vestiamo di nero e c'è una donna nel gruppo, basta dare un'occhiata alla foto promozionale per tirare delle conclusioni affrettate, del tipo: "Dunque, in questa band c'è una donna che canta, sicuramente in modo lirico, c'è anche una voce maschile che sicuramente urlerà, sono vestiti di nero... Ok, sicuramente faranno gothic!". Tutto questo è molto riduttivo, obiettivamente io considero la band in cui suono molto più legata al rock che al gothic, perché comunque non si può considerare un gruppo semplicemente in linea con un genere gotico solo per via di certe melodie malinconiche in alcune parti di alcune canzoni, perché se ascolti brani, soprattutto da Comalies, come 'Angel's Punishment', 'Tight Rope', 'Daylight Dancer', 'Swamped', non hanno assolutamente nulla di Gothic, con questo non dico che rifiuto l'etichetta che ci è stata data, ma sostengo che è senz'altro un pochino riduttiva

L'album che ha suggellato definitivamente il mio amore per loro è stato Shallow Life e, in particolar modo il brano Spellbound, di cui amo tutto: il videoclip, il testo, il sound, il crescendo di emozioni che poi esplode nell'ipnotico ritornello


Di sicuro questo è l'album che mi ha fatto apprezzare le doti vocali di Cristina Scabbia (dove si mette la firma per arrivare a 42 anni come ci è arrivata lei?????), soprattutto in canzoni come Wide Awake:


Poi, non so per quale motivo, li ho persi un po' di vista, distratta evidentemente da altre passioni e dal fatto che ormai il lettore fosse monopolizzato.

Non avrei saputo dell'uscita di Dark Adrenaline se non mi fossi imbattuta, sempre per caso, in questa meravigliosa cover di una delle mie canzoni preferite di sempre:


E' stato grazie a lei che ho scoperto il penultimo album della band, uscito a Gennaio del 2012.



Dark Adrenaline, nomen omen... e potrei anche fermarmi qui, perché la parola che più racchiude il senso del cd è proprio dark, senza essere decadente e soffocante, con quel ritmo travolgente proprio dei Lacuna che ti fa chiudere gli occhi ed immaginare di essere davanti al palco ad agitare la testa.
Cristina si conferma una cantante eccezionale, esplorando anche tonalità più gravi che conferiscono una penetrante profondità alle tracce.

Questa spirale oscura si apre con la mia canzone preferita: Trip the Darkness, che riprende il sound cupo di Karmacode e che descrive i sintomi dell'astinenza da sostanze stupefacenti.


What a day
Seconds, minutes and hours spill over
There’s no time here in space
What a day
I see beauty in everything
But the world is still fading away

Potente, evocativa, pesante, oscura, claustrofobica, ha il potere di trascinarti in un vigile torpore e lasciarti avvolgere dalla musica.

Splendido il video, splendida la presenza scenica della vocalist, splendido l'intreccio di voci, splendidi i gatti, ovviamente (e vogliamo parlare delle scarpe? U.U).
Dopo aver ascoltato questa canzone, il ritornello mi si è incastonato nelle mente ed è stato impossibile scacciarlo. Non che ci fosse un motivo per farlo.

Against You è un mosaico perfetto di voci e chitarre, che la fanno sicuramente da padrone in assoli penetranti che trascinano fino ad una conclusione suggestiva a colpi profondi di basso.

In Kill The Light vi è un vero e proprio vocal show targato Scabbia/Ferro, con un sottofondo graffiante ed un ritornello che spezza però, a mio parere, la potenza del brano. Il risultato nell'insieme è assolutamente piacevole, ma preferisco di gran lunga la strofa. Non ci posso fare nulla, amo la voce di Cristina ed in questa canzone è semplicemente fantastica!

Al contrario, in Give Me Something More, è proprio il ritornello la parte che mi piace di più, in cui vi è una meravigliosa fusione di ogni elemento della band.

Upsidedown è probabilmente la più gotica dell'album e forse una delle tracce che apprezzo di meno, nonostante Cristina (lo so, sono ripetitiva...).

End Of Time è semplicemente un capolavoro. Introspettiva, malinconica, triste, un brivido che dura quattro minuti e che mi riempie gli occhi di lacrime ogni volta:


Cause I belong to you
Cause I am part of you
I am dying in your arms
It’s time to go, I can make it through



Con I Don't Believe in Tomorrow si rientra a pieno titolo in uno scenario dark, ancora più evidente nella seconda parte dell'album, che continua con Intoxicated, altra splendida prova vocale per Cristina e Andrea, e con The Army Inside, energica e arricchita da un assolo di chitarra fantastico.

Prima di chiudere l'album, i Lacuna fanno un regalo che ho apprezzato tantissimo. La loro versione di Loosing My Religion è credibile ed efficace. Ho adorato il modo in cui hanno fatto propria una canzone che ha fatto un po' la storia della musica senza snaturarne l'atmosfera. E Cristina, nella seconda strofa, è DA.URLO!

Fire è forse il brano che più di tutti dà la carica, arricchendo questo lavoro, che si chiude con un'altra ballata, My Spirit, che si distingue per una parentesi narrativa sottolineata da un cambio di ritmo ed atmosfera:

Senza rimpianti abbandono la colpa

Il destino e l’odio sono una cosa sola

I cancelli dell’inferno ci stanno aspettando
Lascia che attendano
Ovunque stia andando
Il mio spirito è libero
Sto tornando a casa
Conserva il ricordo
Ma lascia che io vada


Quando ho scelto quest'album, ho subito pensato di realizzare un trucco che si ispirasse a Trip The Darkness. Avrei voluto fare qualcosa di suggestivo e decisamente poco portabile. Poi una combinazione di fattori mi hanno invece portata a fare la cosa più banale del mondo, ma l'unica, a mio parere, che racchiudesse un po' il senso dell'album, della canzone e della band. Qualcosa di dark, con un tocco di gothic, che sarebbe stato decisamente migliore se la luce di quel pomeriggio non mi avesse fatto risultare gialla nelle foto e se mi fossi accorta prima di quanto fosse evidente l'attaccatura delle ciglia finte, cosa che, dal vivo, non si vedeva assolutamente.
Ma questo è e questo vi beccate!

I prodotti che ho utilizzato sono:


- Fondotinta MAC Studio Fix Fluid in NW20

- Kiko 3D Lifting Concealer n°01, Light

- MAC Select Moisturecover in NW35 per il contouring

- Cipria Stay Matte di Rimmel

- Kiko Soft Touch Blush n°110, Rosa Acceso




Per le sopracciglia:

- Kiko Eyebrows Pencil n°02

- MAC Brow Set in Show-Off

- Catrice eyeliner in gel nero come base su tutta la palpebra mobile

- Montalto Kajal Bianco per illuminare l'angolo interno e l'arcata sopraccigliare

Dalla palette Naked Basics di Urban Decay

- Crave, su tutta la palpebra mobile e lungo la rima cigliare inferiore

- Naked 2 nella piega dell'occhio

- Walk Of Shame per sfumare il tutto.

Ho applicato le ciglia finte della Eylure, n°080 con la Essence Lash Glue e ho dato una passata di mascara, Il Ciglia Finte di Maybelline.


Sulle labbra non poteva che essere Instigator di MAC.
















E questo è il risultato:





E vabbé, pazienza... Non tutte le ciambelle riescono col buco.

Per andare a leggere il post di Patty, cliccate QUI, intanto questa è l'anteprima del suo trucco, decisamente meno banale del mio:


Se non conoscete questa band, correte a rimediare, magari partendo dall'ultimo CD appena uscito: Broken Crown Halo, di cui vi lascio la mia canzone preferita:



Per concludere in bellezza, Patty, in occasione del compleanno del blog, ha organizzato un bellissimo contest, trovate tutte le regole per partecipare QUI.

Spero che il post vi sia piaciuto, alla prossima,

Miki e Patty.


lunedì 7 aprile 2014

Ritratto di Signora #31: le Principesse Disney

Buongiorno a tutti e buon primo lunedì del mese!



Avete presente un bambino alla vigilia di Natale? Fremente e impaziente di scartare i regali? Ecco, in questo momento mi sento proprio così: non vedo l'ora di farvi leggere il ritratto di questo mese, che, ovviamente, ho scritto io.

Quindi, ciancio alle bande e BUONA LETTURA!

In casa mia siamo sempre stati tecnologicamente arretrati, tanto che il primo videoregistratore è arrivato alla vigilia del debutto del lettore DVD. Ciò ha fatto in modo che mentre le mie amiche e compagne di scuola guardavano incantate le versioni animate della Disney, io mi “accontentavo” di leggere le fiabe che avevano come protagoniste dolci, disarmate e sospiranti fanciulle
Ricordo chiaramente come già allora la mia mente di bambina fosse più attratta e stimolata da protagoniste attive e scaltre come ne “Il diavolo dal naso d’argento” di Italo Calvino, in cui la fanciulla riesce, da sola, a liberare se stessa e le sue sorelle e fare ritorno a casa, sconfiggendo il diavolo. Una sorta di Barbablù senza il solito intervento provvidenziale di altri uomini. La adoravo! 
E sì, questo era il genere di letture che facevo da piccola.
Con gli anni poi, ho voluto colmare la mia lacuna, andando a guardare tutti i capolavori Disney e arrivando alla conclusione che dal 1937, anno di uscita di Biancaneve e i sette nani, ad oggi, la figura della principessa è notevolmente cambiata, mostrando via via caratteristiche e racchiudendo valori più in linea con il ruolo della donna nella società del tempo.
Ho deciso di scrivere questo particolare Ritratto, dopo aver visto, a distanza di breve tempo, The Brave e Frozen ed essere rimasta letteralmente incantata da Merida ed Elsa


Ma prima di parlare di loro, vorrei rapidamente spendere una parola su coloro che le hanno precedute.


“Quando la regina si punse un dito, desiderò ardentemente una bambina che avesse la pelle candida come la neve, le guance rosse come il sangue ed i capelli neri come l’ebano.” 

Detto fatto! Alla faccia delle migliori tecniche di ingegneria genetica! Biancaneve era bellissima. Orfana di madre, che muore di parto, ma bellissima. Cresce, bellissima, nonostante le angherie di una matrigna malvagia che la riduce ad una sguattera. Ma la piccola accetta di buon grado, remissiva ed ubbidiente, ogni vessazione, cantando agli uccelli e parlando agli animali, che nemmeno San Francesco. Ed è proprio la sua bellezza la più grande minaccia per la regina e tale bellezza deve essere mortificata, annientata. Sappiamo tutti come prosegue… Biancaneve si ritrova a fare da sguattera ai sette nani. Bel cambiamento! E badate bene, si tratta di sette piccoli e innocui uomini, altrimenti sarebbe stato sconveniente. Se di Biancaneve si esalta solo la bellezza per tutta la durata del film, un motivo ci sarà e probabilmente è perché non brilla per acume, ops, scusate, ingenuità, lei è ingenua, talmente ingenua che accetta di buon grado la mela dalla prima vecchina inquietante che le si presenta alla finestra. Ma d’altronde, non aveva avuto una mamma che le insegnasse di non accettare nulla dagli sconosciuti. Biancaneve muore, o almeno così sembra, punita per aver dato un morso ad una mela. Vi ricorda niente?
I nani sconvolti e addolorati al solo pensiero di doversi lavare nuovamente le mutande da soli, la espongono all’interno di una teca di cristallo – inquietante -  affinché la sua bellezza – aridaje – rimanga immutata nel tempo.
Ora, dal mio punto di vista, la cosa poteva anche finire qui, e invece no! Arriva lui, egli, isso, sul suo bianco destriero che con un bacio di vero amore – eh? – riporta alla vita la bellissima principessa e vissero felici e contenti.

Passano gli anni, siamo al 1950, e arriva Cenerentola sul grande schermo. Purtroppo le cose non cambiano poi molto. In questo caso è anche peggio: di questa bellissima fanciulla non si saprà mai nemmeno il nome, ma solo il nomignolo affibbiatole dalle brutte e arcigne sorellastre. Cenerella è una creatura ultraterrena, diciamo anche un’ extraterrestre, che si sveglia all’alba con il sorriso sulle labbra, ridacchia deliziosamente quando gli uccellini le riversano una cascata di acqua fredda in testa a mo’ di doccia e ha per migliori amici deliziosi topastri grigi per i quali ha subito pronti minuscoli abitini su misura. Mentre le sorellastre starnazzano e strimpellano davanti ad un esimio maestro di musica, Cenerella lava il pavimento cantando come nemmeno Katia Ricciarelli. Quando arriva l’invito per il ballo di Corte, in casa vi è grande fermento e tutte vogliono andare a vedere il principe

(godetevelo tutto, ma in caso saltate direttamente a 2:10)

Si affaccia quindi la prospettiva di rimanere in casa DA SOLA senza tre psicopatiche che le fanno svuotare il vaso da notte (lo so, nel cartone la scena non c’è, ma fidatevi a quei tempi era così!) e Cenerella che fa? Scappa? Ne approfitta per riposarsi in uno dei morbidi letti? Ma assolutamente no! Anche lei DEVE andare al ballo a conoscere il principe, che ovviamente rimane folgorato da tanta bellezza, talmente folgorato che quando, scarpetta in mano, si presenta alla porta, non riconosce assolutamente in quella sguattera dimessa la meravigliosa fanciulla con cui ha ballato tutta la notte, no. Ma quando lei infila il piccolo e grazioso piedino nella calzatura di cristallo (e questo la dice lunga anche sul peso di Cenerella!), SBAM!, eccolo lì, l’amore vero… E vissero tutti felici e contenti, con una punta di feticismo.


Poi c’è Aurora, 1959… Lei è la mia “preferita”, un’eroina a tutti gli effetti, artefice del proprio destino. Infatti che fa per tutto il film? Dorme!

Andiamo avanti…

La Sirenetta, 1989, è stato il primo film Disney che ho visto da bambina e, ovviamente, l’ho amato. 
Quando andavo a casa della mia amica Checca, ci piazzavamo davanti alla televisione, lei compiva quella piccola e per me sconosciuta magia di inserire una cassetta nella bocca del registratore e dare inizio all’incanto. 
Colori meravigliosi, musiche coinvolgenti, personaggi divertenti e un principe che ci faceva sospirare.
Ariel segna già una linea di demarcazione abbastanza netta; è una sirena adolescente, con tutte le inquietudini proprie dell’età: insoddisfazione, ribellione alla figura genitoriale (non esistevano le mamme nei cartoni Disney, facciamocene una ragione!), sensazione di inadeguatezza, voglia di scappare. Tutto ciò, per lei, si concretizza nell’avere le gambe e nel poter visitare il mondo umano.  Ed è talmente grande la sua voglia di farlo che si innamora della prima statua che le capita davanti. 
Eric, in effetti, è perfetto: è belloccio, erede al trono, onesto, lavoratore e c’ha i cipiti in bella vista. Non ha un bianco destriero ma è affiancato da un grande e grosso pelosone slinguazzante che ci piace tanto.




E per la prima volta, udite udite, è lei a salvare lui, che rintronato e moribondo, invece di sputacchiare acqua e sabbia, rimane estasiato dalla bellezza e dalla voce di colei che lo ha riportato alla vita. 
Perché Ariel canta, e divinamente anche. Avevate qualche dubbio?
Per questo, quando Eric se la ritrova davanti, mezza nuda ma muta, non riconosce in lei la sua salvatrice. 
E da qui comincia forse la parte più bella del film, la storia di due persone che vogliono conoscersi, che cercano di capirsi e comunicare, ok tra grandi occhioni e ciglia che sbattono, ma sempre meglio del bacio del vero amore dato da uno sconosciuto con cui si passerà il resto della propria vita! Il vissero felici e contenti, insomma, è abbastanza guadagnato.



Nel 1991 andai al cinema per la prima volta, con la scuola, a vedere La Bella e la Bestia. Mi commuovo solo al ricordo. Entrai euforica e ne uscii estasiata. Da allora e per tantissimo tempo, Belle è stata senza ombra di dubbio la mia principessa preferita e, in generale, la storia raccontata è tra le più belle del mondo delle fiabe. Sì, Belle è bella e canta e ha un certo feeling con gli animali, non è una sguattera anche se si occupa amorevolmente dell’unico genitore che le è rimasto. La mamma? No, ovviamente, lo strambo papà. 
Ma… lei legge!!! Per la prima volta si fa un qualche riferimento all’attività cerebrale femminile. Se non è un traguardo questo. Ama i libri, ama le storie avventurose e si rifugia tra le pagine per sfuggire alla monotona vita di un paesino di provincia che la considera strana. Ed è proprio il suo coraggio e la voglia di avventura che la portano a sacrificarsi per salvare suo padre dalle grinfie di un’orrenda e disumana bestia, che lei teme sì, ma che ha il coraggio di sfidare e contraddire, dalla quale ha il coraggio di scappare. 
La sua curiosità, unita alla bontà d’animo (beh, sempre di Disney si tratta) la spingono a non fermarsi all’apparenza ed a cercare l’uomo nel mostro. Non voglio addentrarmi nella cosiddetta sindrome della crocerossina e nella, spesso malsana, convinzione delle donne di poter cambiare gli uomini, soprattutto quelli violenti, ma, volendo essere eccessivamente critici, si potrebbe parlare anche di quello. 
Una cosa è certa, la bestia è affascinata da Belle, dalla sua caparbietà, dalla sua
franchezza; cerca di compiacerla (le regala un’immensa biblioteca! No, parliamone…) e comprende così profondamente il suo dolore che la lascia andare. Un atto d’amore immenso e mai visto prima. Una delle scene che adoro è quando lei stenta a riconoscere la sua bestia nel biondone tutto muscoli che le si presenta davanti e se ne convince solo dopo averlo ritrovato nella bontà dei suoi occhi. E vissero felici, contenti e innamorati.Davvero.



Da allora, le principesse Disney, sono state sempre di più personaggi di spessore, con una personalità forte ed una partecipazione attiva alla storia (probabilmente dovrei parlare approfonditamente di Mulan, ma è il cartone che conosco di meno. Mea culpa), ma, fondamentalmente, l’amore tra un uomo ed una donna è sempre stato al centro di ogni film.

Cosa cambia con The Brave e con Frozen? La Disney finalmente rende protagonisti sentimenti mai approfonditi prima e lo fa grazie ad eroine forti, determinate e indipendenti.



Merida si differenzia notevolmente dalle altre principesse già solo per il suo aspetto fisico, che non rientra assolutamente nei canoni delle bellezze Disney. Ha il volto paffuto, gli occhi tondi, le lentiggini ed una massa di riccioli rossi, indomabili e ribelli. Come lei. Non è aggraziata, non canta, non danza, non suona uno strumento, non ricama egregiamente e non ha il minimo interesse ad imparare tali arti. E’ indisciplinata ed in continuo contrasto con la madre. Ebbene sì, dopo SETTANTASETTE anni, compare una mamma, con la quale Merida non va assolutamente d’accordo. Lei è irriverente, ironica e iperattiva, mostra un carattere che
poco si addice ad una vera principessa e la grande sintonia con suo padre non fa che incoraggiare la sua indole ribelle. Andare a cavallo, tirare con l’arco e ingozzarsi sgraziatamente sono le sue attività preferite e per lei è una vera sofferenza anche solo dover indossare abiti formali che la costringono e mortificano la sua personalità.
Potete immaginare la sua reazione quando viene annunciato un torneo il cui vincitore potrà avere la sua mano. Contrariata è dire poco. Merida è talmente incazzata che si presenta al torneo come partecipante:

“Io sono Merida, primogenita discendente del clan Dun Rock e gareggerò per ottenere la mia mano!”



E la ottiene! Sbaragliando tutti gli altri partecipanti e scatenando le ire della regina madre, con la quale ha uno scontro violento che culmina con l’inevitabile scambio di frasi dettate dalla rabbia e dal fatto che madre e figlia non si conoscono per niente. Ed è proprio su questo rapporto che verte l’intero film, sulla mancanza di dialogo, sulla convinzione di essere su posizioni diametralmente diverse e apparentemente inconciliabili. Ed è solo quando le due donne sono costrette a stare insieme, sono costrette a conoscersi e capirsi, che comprendono l’importanza che hanno l’una per l’altra. Un film splendido, uno dei più belli tra i film Disney, un film in cui finalmente l’amore, il principe ed il matrimonio non sono le uniche possibilità per la protagonista di cambiare vita. E vissero felici e contenti? Non lo so, ma una cosa è certa: vissero.



Probabilmente è stato il mio grande desiderio di avere una sorella, magari al posto dei buzzurri primogeniti, che mi ha fatto amare incondizionatamente Frozen, ultimo capolavoro di casa Disney, ed Elsa, protagonista del film assieme ad Anna, sua sorella, appunto.



Elsa è forse uno dei personaggi più tormentati, costretta a reprimere se stessa e la sua capacità di governare il ghiaccio fin da bambina e di vivere con il terrore di fare del male alle persone a cui vuole bene. Ciò la porta ad isolarsi e ad allontanarsi dalla sua amata sorella Anna, che non perde occasione di farle notare la distanza, soprattutto dopo la morte dei genitori (mbeh? Che volete? Dopo The Brave, in cui c’era sia una mamma che un papà, come minimo li dovevano accoppare entrambi. E difatti…). Elsa cresce sentendosi sbagliata, pericolosa, spaventata da quella che è la sua grande dote. E più la paura cresce, più tutto le sfugge letteralmente dalle mani. Ed è proprio per non fare del male e per non essere considerata un mostro che, esausta, scappa via, finalmente libera di essere se stessa:



Adoro questa sequenza e questa canzone. E’ il momento in cui Elsa realizza chi è veramente, capisce la portata dei suoi poteri e la capacità di realizzare cose belle, in sintonia con il freddo, con il ghiaccio e con la neve che tanto fanno parte di lei:

“The cold never bothered me anyway”



Ciò che continua a tormentarla è però la convinzione di non essere in grado di stare vicino alle persone senza fare loro del male, la convinzione che l’unico modo per essere se stessa è la solitudine:


"Yes I'm alone
but I'm alone and free!"

Sarà l’amore a farle capire che lei non è solo i suoi poteri; l’amore per sua sorella le rivelerà la sua capacità di amare e di essere una persona migliore, per se stessa prima di tutto.

Ora, ironia a parte, rimarrò sempre affezionata alle principesse storiche e, quando capiterà l’occasione, guarderò volentieri i capolavori che hanno segnato l’infanzia di tante bambine, ma sono davvero contenta e soddisfatta dell’evoluzione di questi personaggi e, se un giorno avrò una figlia, ma anche un figlio, preferirò senza ombra di dubbio mostrare loro l’intelligenza di Belle, il coraggio di Mulan, la determinazione di Tiana, la volontà di Rapunzel, la ribellione di Merida e l’altruismo di Elsa.


Miki.

Spero che vi sia piaciuto leggere questo ritratto almeno la metà di quanto a me è piaciuto scriverlo.

Vi ricordo che potete trovare la rubrica anche sui blog:

- BooksLand di Monica

- Stasera Cucino Io di Federica

- Franci Lettrice Sognatrice di Francesca 

- Un Libro per Amico di Daniela

Al prossimo mese,

Miki, Monica, Fede, Franci e Daniela.